Da una parte, gli animali come vacche, maiali, galline e pecore; dall’altra, le coltivazioni in campo, gli alberi da frutto, gli uliveti. Una siepe rigogliosa delimita l’azienda agricola, che ospita magari al suo interno anche un laghetto o uno stagno, habitat privilegiato per insetti e piccoli animali. Tutto intorno una continua fioritura: la biodiversità che si respira, e la vita che si manifesta, trasmettono un atteggiamento sano e positivo nei confronti della vita.
Oggi però l’agricoltura misura i fattori di produzione e considera il suolo solo come un trasformatore di nutrienti che, per esempio, nel caso dell’agricoltura verticale – una forma di agricoltura urbana – è addirittura diventato superfluo. Agli animali non viene spesso riconosciuta alcuna dignità e le piante ricevono fertilizzanti e spray chimico-sintetici. Più che lavorare con gli animali e le piante insieme alla natura, molto spesso si tende a volerli dominare per far funzionare l’azienda agricola alla stregua di una macchina. Eppure, già 100 anni fa gli agricoltori dell’Europa nord-orientale si ritrovarono a constatare che i loro terreni si stavano impoverendo sempre di più e che anche la qualità dei prodotti stava diminuendo. E dire che a quel tempo la concimazione minerale era ancora giovane. È in questo contesto che, attraverso un ciclo di conferenze tenute nel periodo di Pentecoste nel 1924, Rudolf Steiner teorizza l’agricoltura biodinamica, che considera l’azienda agricola come una realtà a ciclo chiuso, in cui gli animali sono commisurati al cibo che si può produrre direttamente sui terreni aziendali e in cui è grazie al compost di derivazione animale che si accresce la fertilità della terra, producendo molti meno gas dannosi per l’ambiente. Caratteristiche che ritroviamo anche nella vitalità dei prodotti così coltivati.
Dalla sua fondazione, l’agricoltura biodinamica oggi è presente in tutti i continenti, affermandosi nei paesi di tutto il mondo: India, Egitto, Zimbabwe, Stati Uniti, ma anche America Latina, Australia e Nuova Zelanda. La biodinamica non causa perdita di biodiversità e suolo, inquinamento delle acque, emissione di gas dannosi per il clima; problematiche oggi molto sentite per le quali – al contrario – può essere parte della soluzione in quanto agricoltura rigenerativa.
In Egitto, per esempio, la comunità agricola di Sekem da quasi 50 anni ci mostra come la biodinamica rappresenti una risposta concreta alle conseguenze del cambiamento climatico: il deserto si è trasformato in un’oasi verdeggiante con terreni fertili in cui è possibile coltivare una grande varietà di colture, con conseguenze molto positive sia sulle condizioni di vita delle persone che sulla loro alimentazione.
Oggi, dunque, a 100 anni dalla sua fondazione, la biodinamica si conferma come una risorsa importante per affrontare le sfide del futuro.
di Jasmin Peschke