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NaturaSì Biodiversità in campo: sorprendenti incontri nella steppa

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Continua in Mongolia, con il sostegno di NaturaSì, la spedizione di Wild Life Initiative, come ci racconta il tecnico faunistico Fabio Dartora.

Siamo nelle remote terre dell’Asia centrale, una zona in cui la zootecnia e l’estrazione mineraria rischiano di rompere i delicati equilibri della natura. Proprio qui abita una specie, definita “ombrello”, la cui conservazione permette di preservare a cascata tutte le altre specie animali presenti in quest’area e la cui salvaguardia contribuisce a tutelare la biodiversità di questa regione ai confini del mondo: il gatto di Pallas. Chiamato Manul, il gatto di Pallas Otocolobus manul (Pallas, 1776) vive nell’Asia centrale. Il suo habitat è quello della steppa e delle montagne rocciose che affiorano in un paesaggio surreale: queste aree montuose sono infatti collegate tra loro attraverso la steppa, dove il gatto di Pallas trova, nelle tane di marmotta, una risorsa per allevare la sua prole. 

L’allevamento intensivo: un rischio per la biodiversità

La sussistenza del popolo nomade, che da sempre ha convissuto con la fauna locale, viene oggi stravolta dall’allevamento, che diventa sempre più intensivo a causa della crescente richiesta del prezioso cachemire: il pastore mongolo ha infatti bisogno di più bestiame e di più cani da guardia. Così, la steppa, alla fine dell’estate, si riduce a una landa desolata e sabbiosa, non più il posto idoneo per il gatto di Pallas il quale, come altri animali, si rifugia nelle zone rocciose e si ritrova a vivere in un habitat frammentato. Durante la nostra permanenza nella steppa mongola abbiamo raccolto al riguardo alcune testimonianze: un pastore, per esempio, ci raccontava come i suoi cani abbiano scovato una tana di gatto di Pallas e ucciso tutti i cuccioli. Questo ci fa capire quanto ci sia bisogno di coinvolgere i pastori in un serio progetto di conservazione, affinché siano loro a divenire ambasciatori di sostenibilità ambientale. Dunque, la nostra volontà è proprio quella di coinvolgere tutte le famiglie che vivono nell’area di studio, perché si sentano partecipi della conservazione del gatto di Pallas, cambiando le sorti della biodiversità della steppa.

Una madre nella steppa

La spedizione vede come principale area di studio la steppa e le montagne del distretto di Bayan Onyuul ma, quando saremo arrivati alla conservazione della specie, il metodo sarà ripetibile per altre aree. Qui ci ospita Otgombiembe, la moglie di Ojga, quella che considero “una madre nella steppa”: la premura che ha nei nostri confronti lascia senza fiato e cerchiamo sempre di aiutarla nelle faccende domestiche che caratterizzano la vita di questo antico popolo, come radunare il bestiame o raccogliere lo sterco secco, unica fonte combustibile per la stufa che, oltre a scaldare la Ger (la tenda mongola), serve anche per cucinare il cibo.

Ricerca e analisi dei dati

Da qui è partita la nostra ricerca, che consiste nel posizionare le fototrappole a infrarossi, dispositivi non invasivi di monitoraggio che scattano foto o video al passaggio degli animali, permettendoci di raccogliere in maniera sistematica più dati possibili sulla presenza del gatto di Pallas, ma anche di altre specie che vivono nella stessa area. Stiamo producendo il primo lavoro che analizza l’activity overlap tra gatto di Pallas, co-predatori e prede, cominciando a definire la nicchia temporale del gatto di Pallas. Abbiamo prodotto il database più ricco al mondo di dati da camera trapping del gatto di Pallas: siamo attualmente gli unici a fare ricerca adoperando disegni di campionamento sistematico. Inoltre, i dati relativi all’attività del gatto di Pallas sono stati confrontati con quelli relativi ad altri mesocarnivori, come volpe e faina, e con quelli delle potenziali prede, come il pika, l’arvicola di Brandt, l’arvicola argentea mongola, la marmotta Tarbagan e il gerbillo della Mongolia, per definire come la nicchia temporale del felino possa essere condizionata dalle specie con cui interagisce maggiormente. I dati sono attualmente in fase di analisi e dovrebbero fornire informazioni preziose sulle variazioni di abbondanza e sulle dinamiche della popolazione e dell’ecologia del felide durante le diverse stagioni.

Progetti per il futuro

Il prossimo passo che porterà la ricerca verso la conservazione di questa specie autoctona sarà il coinvolgimento della popolazione: avvicinare le persone che vivono nella steppa, rendendole partecipi della ricerca, ci darà modo di iniziare un percorso che, di riflesso, andrà verso la conservazione del gatto di Pallas. Ciò costituirà anche l’occasione per organizzare un evento che possa radunare tutti gli abitanti di quella parte di steppa dove, da un lato, inserire momenti di workshop sulla fauna locale con un focus sul gatto di Pallas e, dall’altro, creare momenti di festa con musica dal vivo. Questo ci permetterà di coinvolgere il più possibile i pastori nomadi della zona e avvicinarli ai temi della sostenibilità.

Il team di lavoro

Del gruppo di ricerca fanno parte Claudio Augugliaro, responsabile del progetto; tre tecnici faunistici, Fabio Dartora, Andrea Vendramin e Giovanni Bombieri, impegnati nelle operazioni di campo, filtraggio dati e fundraising; il Dott. Stefano Anile e il Prof. Klaiton Nielsen (membro della IUCN Cat Specialist Group) della Southern Illinois University (USA), operativi nell’analisi dei dati; infine, i fotografi naturalistic Giacomo De Donà e Ivan Mazzon. 

di Fabio Dartora, faunista e responsabile progetto biodiversità presso Azienda Agricola Biodinamica San Michele (VE)

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