Ben 71 specie di uccelli, 15 di mammiferi terrestri, 10 di pipistrelli, 5 di rettili, 3 di anfibi e 72 specie botaniche; falchi di palude, aironi rossi, barbagianni e numerose specie di pipistrelli inclusi nella lista rossa delle specie a rischio: è questo l’enorme patrimonio di biodiversità che i faunisti hanno rilevato all’interno dell’azienda agricola San Michele di Cortellazzo (VE), realtà biodinamica che ha scelto di affiancare alle coltivazioni orticole e seminative aree rinaturalizzate con siepi, boschi, laghetti, canali. Un’autentica oasi di biodiversità, che testimonia come l’agricoltura biologica e biodinamica abbiano un ruolo importante nella salvaguardia di questa fondamentale risorsa per il nostro Pianeta.
All’interno delle 300 aziende agricole che fanno parte del suo ecosistema, NaturaSì ha destinato il 19% della superficie ad aree per la conservazione della biodiversità. Se messe in fila, le sole siepi presenti in queste realtà darebbero luogo a una fascia verde lunga 670 chilometri e nella stragrande maggioranza dei campi (83%) si trovano habitat diversi, dalle aree umide ai boschi, dalle rogge ai prati naturali. Grazie a questa differenziazione di ambienti naturali, oltre un quarto delle aziende agricole (26%) dell’ecosistema NaturaSì ospita specie animali rare o in forte declino, protette a livello comunitario.
Non si tratta solo della volontà di salvaguardare la natura: nell’agricoltura biologica è fondamentale anche conservare gli ambienti destinati alle specie autoctone perché si tratta di validi supporti nel contrasto a parassiti e insetti che minacciano i raccolti. È il caso ad esempio del barbagianni, che caccia non solo piccoli mammiferi che possono arrecare danni alle radici o ai tuberi, ma anche e soprattutto insetti, scegliendo le popolazioni più numerose ed evitando quindi il proliferare dannoso di una sola specie. Oppure il rospo smeraldino, che si nutre di insetti terricoli, controllando anche in questo caso le popolazioni. E ancora della natrice tassellata, un serpente in forte declino che contribuisce a conservare l’equilibrio dell’ecosistema dei campi biologici, non trattati con insetticidi chimici di sintesi.
“L’agricoltura e l’allevamento industriali, per la loro iperspecializzazione, sono tra le cause della scomparsa della biodiversità”, dice Fausto Jori, Amministratore delegato di NaturaSì. “Per il biologico, invece, è importante l’equilibrio tra la moltitudine di specie animali e vegetali, sia coltivate che naturali. Perché è proprio la diversità ad assicurare l’equilibrio. Non a caso, quindi, nelle nostre aziende agricole abbiamo già quasi il doppio della biodiversità richiesta dalla Strategia Europea Farm to Fork: la biodiversità è un valore in sé, ma per chi non usa la chimica di sintesi è anche un’assicurazione contro il proliferare di singole popolazioni di insetti o di altri animali, che di per se stesso rappresenta un pericolo per i nostri campi”.