In Italia, ogni anno, si buttano 149 kg di cibo a persona. Si tratta principalmente di frutta e verdura, pane e bevande, prodotti che ancora potrebbero essere utilizzati. Provate voi stessi: c’è davvero una differenza di sapore tra una carota dritta e una carota leggermente storta? O tra foglie di insalata con dimensioni diverse? Anche con i grissini sbriciolati si può fare qualcosa, per esempio riutilizzandoli come pane grattugiato per tante diverse preparazioni.
Se anche i cosiddetti “avanzi” possono essere utilizzati, ancora prima dobbiamo prestare attenzione alle quantità, da acquistare in base alle nostre effettive esigenze. La scorsa estate, il caldo e la siccità, gli incendi boschivi in diverse zone e l’invasione di insetti che divoravano i campi, ci hanno fatto comprendere che la disponibilità di cibo non può essere data per scontata. L’associazione degli agricoltori ha persino calcolato che, a causa della siccità, il 40% della produzione di frutta e verdura è andata perduta. E nel caso di grano, riso, mais e soia, è presumibile che la perdita del raccolto si aggiri intorno al 50%. Di fronte a questi numeri, ci dobbiamo chiedere se possiamo e vogliamo permetterci lo spreco alimentare. Immagina di avere davanti a te il coltivatore di riso – i cui raccolti si sono prosciugati, minacciando di conseguenza il suo sostentamento – mentre getti i resti del risotto nella spazzatura. Sarebbe come dirgli “il tuo lavoro per me non vale niente”.
Durante l’estate, vi è capitato di gettare cetrioli non più croccanti e succosi, che l’agricoltore ha fatto il possibile per annaffiare durante la coltivazione malgrado la siccità? Per apprezzare il valore del cibo, dobbiamo cominciare proprio dalla sua produzione.
Agricoltori e giardinieri non producono solo prodotti, ma anche valori come biodiversità, fertilità del suolo, benessere animale, tutela paesaggistica, educazione alla salvaguardia del territorio e molto altro: tutto questo non è compreso nel prezzo. Situazioni come quelle che abbiamo vissuto la scorsa estate devono indurci ad aprire gli occhi e a domandarci: da dove arriva il cibo che sto mangiando? E come viene prodotto?
Per inciso, tutti coloro che nel mondo soffrono la fame, potrebbero essere nutriti se il cibo ancora utilizzabile non finisse più nella spazzatura: sono più di 800 milioni di persone in tutto il mondo. Il problema è la distribuzione del cibo: troppo, da una parte, e troppo poco dall’altra. Sono necessari solidarietà e interesse, su piccola e grande scala. Questo può fungere da stimolo, soprattutto alla fine dell’anno, con l’approssimarsi del periodo natalizio.