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Le farine

Le-farine

La scelta della farina è importante non solo per il buon esito delle ricette che prepariamo, ma anche per la qualità del nostro nutrimento. Per questo, è importante scegliere farine che rispettino il più possibile l’integrità del chicco, assicurando un giusto apporto dei suoi nutrienti.

Ci sono, però, farine e farine, diverse non solo per il tipo di cereale da cui derivano, ma anche per la tecnica utilizzata per la molitura e per il grado di macinazione.

Anche se sopravvive ancora la credenza che per ottenere impasti morbidi ed elastici sia necessario utilizzare la farina 00, in realtà quest’ultima può essere sostituita dappertutto con farina di tipo 2, di tipo 1, sia per gli impasti dolci che per quelli salati, per preparazioni soffici e per altre più fragranti, come per esempio la frolla.

Consigliamo infatti di utilizzare per l’alimentazione corrente queste due farine e la farina di tipo 0 solo per preparazioni occasionali.

La farina integrale invece è ottimale per la preparazione del pane, ancor meglio con pasta madre, ad uso quotidiano.

Le farine

Le farine possono avere un grado diverso di raffinazione calcolato in base alla quantità di farina ottenuta macinando 100 kg di chicchi: più questo indice è alto, ovvero più farina si ottiene, tanto più questa è grezza. Quando parliamo di farina di grano tenero possiamo distinguere tra:

Farina integrale

La meno raffinata di tutte, contiene tutte le parti del chicco soprattutto se è macinata a pietra o a coltelli. Specialmente quando si sceglie una farina integrale, è importante che sia da grani biodinamici o biologici: infatti sulla parte esterna della cariosside possono trovarsi residui di trattamenti antiparassitari in maggiore concentrazione che passerebbero integralmente nella farina.

Farina tipo 2 e tipo 1

Meglio conosciute come semintegrali, provengono da un chicco a cui viene tolto solo lo strato esterno del chicco di grano in percentuali diverse.

Farina 0

Un po’ meno raffinata, rispetto alla 00 contiene una piccola percentuale di crusca.

Farina 00

È la più raffinata, con maggiore presenza di amido, cioè carboidrati semplici, che innalzano la glicemia.

Consigli per l’utilizzo

Per la preparazione di pane e pizza

Sei un esperto dell’arte della panificazione? Puoi usare con la pasta madre la farina integrale o semintegrale. Sei alle prime armi e stai scoprendo la lievitazione con pasta madre? Ti consigliamo di partire con la farina tipo 1 o farina 0. Per il pane puoi usare anche la farina di grano duro, o un mix di farine diverse.

Frollini e pasta frolla

Meglio utilizzare la Tipo 2 o Tipo 1, a seconda delle ricette

Dolci da forno:

Vuoi cimentarti nella preparazione casalinga di panettoni, pandori, focacce o comunque dolci che necessitano molta lievitazione e non sei un provetto pasticcere? Prova la tipo1 o la farina 0!

E la farina 00?

Puoi sostituirla benissimo con la farina 0: anche se sei alle prime armi i risultati saranno uguali ma puoi cominciare ad usare una farina meno raffinata, per poi lanciarti e sperimentare la Tipo1 fino ad arrivare alla Tipo 2 oppure addirittura alla farina integrale! Sarai così un provetto pasticcere o panettiere. Oppure usala solo per preparazioni occasionali, ma per il consumo quotidiano dai la preferenza a farine più complete.

La struttura del chicco

Quando parliamo di farina, come prima cosa è importante avere ben chiara la struttura del chicco, denominato cariosside: un seme di piccole dimensioni costituito da

  • IL GERME o embrione, rappresenta il 2,5% del grano, contiene le parti che origineranno la nuova pianta: ricchissimo di grassi e vitamine

  • LA CRUSCA costituisce il 14% del grano ed è particolarmente ricca in sali minerali e fibre

  • L’ENDOSPERMA il restante 83% del grano, è la parte farinosa del chicco, formato da granuli di amido in associazione con le proteine tra le quali sono contenute le gliadine e le glutenine che danno origine al glutine.

La molitura

Nella preistoria l’uomo per frantumare il grano utilizzava la masticazione: le mandibole, infatti, erano molto forti. Nell’evoluzione la forza è diminuita e l’essere umano ha imparato ad utilizzare le pietre. I primi mulini a mano preistorici consistevano di un “piatto” di roccia di grande resistenza sul quale veniva sparsa una manciata per volta di frumento. I chicchi erano frantumati con altra pietra dura, focaia, di forma rotondeggiante o piatta. Nel III-IV sec. d.C. erano già presenti tre tipi di mulino: mulino a mano (molae manuarie), mulino ad animale (molae iumentariae), mulino ad acqua (molae aquarie), che sfruttava i corsi d’acqua (fiumi, ruscelli, ecc.), e mulino a vento. Il passaggio dalle macine a pietra al mulino a cilindri avvenne grazie all’invenzione della macchina a vapore e alla scoperta dell’elettricità.

Macinazione a cilindri

In questo sistema di macinazione il chicco di grano percorre diversi passaggi all’interno del mulino, dove in ognuno di essi viene leggermente, e sempre di più, sfogliato separando le parti più esterne - endosperma, crusca e fibre - da quelle più interne (germe). A ogni passaggio è raccolto il risultato della singola “sfogliatura”; a fine macinazione si ricompongono i vari strati secondo la farina che si vuole ottenere. Per la farina bianca “tipo 0” si manterranno solo gli strati più interni, mentre per una farina integrale si riuniranno più strati, da quelli più interni a quelli più esterni, di solito escludendo le parti più cruscali e il germe. Per quali preparazioni è piú indicata: questa farina è utilizzata per avere risultati maggiormente costanti e stabili dal punto di vista tecnologico, in quanto è meno sensibile a processi ossidativi (irrancidimento) e più costante nel tempo nelle sue caratteristiche reologiche e tecniche. È utilizzata in preparazioni con una shelf life più lunga.

Macinazione a pietra

In un mulino a pietra il chicco di grano (o altro cereale) attraversa un solo passaggio: entra infatti nella macina dove viene “schiacchiato” tra due dischi in pietra che sfregano l’uno sull’altro. Il risultato è la macinazione completa di tutte le parti del chicco in uno sfarinato più o meno grossolano. Questo sfarinato viene poi in seguito setacciato (abburattato) tramite il passaggio attraverso filtri di diversa grandezza, in modo da ottenere la farina semintegrale (tipo 1-2) e integrale. Nella macinazione a pietra tutte le componenti del chicco vengono amalgamate insieme, mantenendo all’interno, quindi, tutte le parti cruscali e il germe, ricco di vitamine e acidi grassi. Per questo motivo, inoltre, non è possibile attraverso una macinazione a pietra ottenere una farina molto raffinata come la 00. Per quali preparazioni è più indicata: dal punto di vista nutrizionale la farina macinata a pietra è più ricca, così come dal punto di vista organolettico (per la presenza del germe), ma più delicata per aspetti tecnologici e di stabilità. È utilizzata in preparazioni con una shelf life al massimo di 4-6 mesi.

Macinazione a coltelli/grattugia

Questa nuova tecnologia molitoria non sfoglia (come la macinazione a cilindri), né schiaccia (come la macinazione a pietra) il chicco del cereale, ma lo gratta attraverso una ruota dentata di lame di acciaio mentre viene attraversato da un flusso di aria fredda per evitare di surriscaldare la farina. In questo modo si ottiene una farina molto fine, completa sia del germe che di tutte le parti cruscali esterne, contenendo il rischio dell’ossidazione del germe dal momento che non viene schiacciato e quindi limitando la liberazione degli acidi grassi. Questa farina è completa: tutto il chicco viene macinato. È ricca di fibre, comprese quelle insolubili, e del germe. Per quali preparazioni è piú indicata: questa ricchezza di fibre la rende molto interessante dal punto di vista nutrizionale, ma dal punto di vista tecnologico è più difficile da utilizzare nei processi industriali di panificazione, in quanto l’eccessivo contenuto di fibre affatica l’impasto, mentre è ottima nella preparazione di prodotti non lievitati come frolle, torte e biscotti.