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Prometeo e la filiera del farro

NaturaSi-Prometeo

La riscoperta del più antico tra i cereali come opportunità per lo sviluppo del territorio, costruendo la qualità del prodotto attraverso l’attenzione a ogni fase del processo produttivo.

Un cereale antico per affrontare le sfide della contemporaneità: fin dalla sua nascita, oltre 30 anni fa, Prometeo Urbino ha scelto di dedicarsi esclusivamente al farro, il cereale delle origini, con una filiera completa che coinvolge ogni fase del processo produttivo. Nascono così farina, pasta e biscotti, come ci ha raccontato il suo fondatore, Massimo Fiorani.

Come inizia la vostra storia?

Prometeo ha preso vita nel 1990 ad Urbino, e sin da allora abbiamo voluto puntare sul farro, al tempo completamente dimenticato: lo abbiamo riscoperto, o meglio reinventato. È il progenitore di tutti i cereali ed è stato il primo a essere coltivato dall’uomo, diventato agricoltore proprio grazie al farro. Poi, nel corso dei millenni, è stato praticamente sostituito dal frumento, dal grano duro e tenero. Noi l’abbiamo riscoperto e reso attuale, in virtù delle sue grandi potenzialità, dal punto di vista nutrizionale – in termini di digeribilità e contenuto di glutine – ma anche ambientale e dal punto di vista della sostenibilità. È infatti un cereale talmente rustico che riesce ad adattarsi alle aree agricole più marginali, meno fertili; ha una bassa richiesta nutrizionale e un’elevata competitività con le infestanti. Quindi è la pianta giusta per la coltivazione con il metodo biologico. Quando noi abbiamo iniziato era praticamente sconosciuto: ricordo bene la fatica nel raccontare il suo valore e le sue caratteristiche organolettiche. Ma ora è diventato un’importante realtà economica: per tutta la dorsale appenninica dell’Italia centrale, ma anche per le aree marginali del resto d’Italia è divenuto una necessità.

Il farro è un cereale vestito: che significa?

Significa che durante la trebbiatura, le glumelle che  proteggono la cariosside non restando aderenti al chicco, non si staccano al momento della raccolta, cosa che invece avviene nel grano. Questo rende necessaria una prima operazione di decorticatura o, meglio, di sgusciatura, perché viene rimosso il guscio delle glume e delle glumelle, quelle foglie che nella spiga racchiudono il chicco. Questo passaggio che un tempo veniva effettuato a mano o con l’ausilio di animali, è molto faticoso, ed è stato tra le cause che hanno portato, negli anni, a preferire il grano, che non richiedeva questa operazione.

Da dove arriva il vostro farro?

Il farro viene coltivato prevalentemente nelle Marche e a seguire in Abruzzo, Umbria e Lazio, ma abbiamo delle produzioni anche in Puglia, Sicilia, Piemonte, Toscana. Riuniamo circa 220 agricoltori ma – tenendo conto delle rotazioni – a contratto ne abbiamo ogni anno circa 150: lavoriamo molto con piccoli coltivatori che hanno a disposizione pochi ettari sui quali non coltivano il farro ogni anno, ma lo alternano con altre coltivazioni. Selezioniamo attentamente i nostri partner, con i quali costruiamo un rapporto di reciproca fiducia. Da parte nostra, ci impegniamo a riconoscere agli agricoltori un prezzo fisso ed equo per il conferimento della materia prima: questo permette loro una pianificazione a lungo termine, un fattore molto importante, perché tra i problemi degli agricoltori vi è proprio questa incertezza legata alle oscillazioni di mercato.

Nel tempo avete costruito un modello di filiera...

Nel corso degli anni ci siamo impegnati per rendere il farro un alimento che non può mancare sulle tavole di tutti: si è trattato di un lavoro fianco a fianco con gli agricoltori, con i quali abbiamo lavorato iniziando dal seme. È nato spontaneamente un modello di filiera così profondo e legato alla produzione da costituire poi la nostra spina dorsale, il DNA di Prometeo. Tutti parlano di filiera, ma quando abbiamo iniziato noi nemmeno la Comunità Europea ne parlava. Diventare un’azienda sementiera, iscrivere al registro nostre varietà di farro, fornire queste varietà all’agricoltore, gestire gli acquisti esclusivamente con contratto di coltivazione, ma anche selezionare attentamente la materia prima in ingresso, gestirne lo stoccaggio e la conservazione e mantenerne la tracciabilità: questo modello ci ha permesso di costruire la qualità in ogni fase del passaggio produttivo. È qui che si fa la vera differenza ed è questa la vera importanza della filiera.

Come avviene la trasformazione in farina?

La prima operazione è quella della decorticatura, anche se sarebbe meglio parlare di sgusciatura perché viene rimosso il guscio delle glume e delle glumelle, ovvero le foglie che nella spiga racchiudono il chicco. Sempre in azienda effettuiamo la macinatura con mulino a pietra naturale, una tecnica molitoria che ci permette di non surriscaldare il prodotto durante la macinazione al fine di preservare le caratteristiche nutrizionali e organolettiche del farro. Le macine in pietra naturale vengono infatti periodicamente sottoposte a una particolare molatura, la cosiddetta “battitura della pietra” che permette di ricavare la giusta affilatura delle macine e provocare il minor attrito possibile sui chicchi.

E una volta ottenuta la farina?

Noi in azienda arriviamo a fare la decorticazione e le farine, ovvero i semilavorati: tutti i prodotti trasformati, pasta e biscotti, sono affidati a laboratori con i quali collaboriamo ormai da decenni, con alcuni addirittura sin dalle origini. Anche qui i trasformatori sono partner ben selezionati, mettendo al primo posto la qualità: sono produttori artigianali che danno al prodotto finito un valore aggiunto.

A proposito di cambiamento climatico: qual è il ruolo del farro?

Dobbiamo prendere consapevolezza del fatto che ci sono delle evidenze che nell’immediato non possiamo cambiare, potrebbero volerci decenni. Nel frattempo, dobbiamo rispettare di più le risorse ambientali che abbiamo e non forzare i cicli ambientali: inutile fare coltivazioni che richiedono molto acqua quando l’acqua scarseggia o manca. Dobbiamo fare ricerca anche a livello scientifico e agronomico, per trovare risorse che si adattino meglio al cambiamento climatico. Il farro in questo momento ha un vantaggio importante: la minor richiesta idrica, nutrizionale, ambientale, che si adatta a questa situazione. Il farro non è un frumento che può produrre tantissimo in termini di resa, ma – in genere – non tradisce mai.

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