di Paolo Pistis
Il cavolfiore, appartenente alla famiglia delle Brassicacee (o Crucifere), è originario del Medio Oriente/Asia. Da lì fu portato in Italia dove, già in epoca romana, veniva consumato e apprezzato. Si narra che un grande impulso alla sua diffusione venne dalla corte di Francia al tempo di Luigi XIV, che ne apprezzava il colore, la consistenza ed il gusto.
Il cavolfiore ha un basso apporto calorico, molto consigliato per chi deve seguire particolari regimi alimentari. Ha pochi carboidrati e può essere consumato sia crudo che cotto in diverse ricette per sostituire altri ingredienti: per esempio, nell’hummus come alternativa ai legumi, fino al cous cous come sostituto del cereale. È un ortaggio soprattutto invernale, ma che possiamo trovare anche in autunno o in primavera. Per poterne però godere appieno è importante che il cavolfiore sia coltivato in modo sano e genuino, in modo che abbia un buon profumo e possa sviluppare pienamente tutte le sue qualità, senza l’impiego di sostanze nocive.
Le varietà di cavolfiore sono tante: gialle, verdi,viola, arancio, ma la più conosciuta è quella bianca. La parte edule che utilizziamo in cucina non è un fiore, ma dal punto di vista botanico è un agglomerato di gemme. Quindi, se volessimo vederne i fiori, dovremmo lasciarlo in campo fino a primavera per poter osservare i suoi piccoli fiori gialli a quattro petali, che fanno molto piacere alle api. Appartenendo alla famiglia dei cavoli si dice che è un “grande consumatore”: ciò significa che il terreno in cui andrà coltivato dovrà essere ricco di humus e di sostanza organica. Necessita quindi di una buona concimazione organica biologica e di un terreno morbido e fresco. Sarebbe importante poter fare un sovescio, cioè una concimazione verde, nei mesi precedenti il trapianto. Da considerare con molta attenzione l’avvicendamento delle colture che si sono susseguite nel terreno dove andremo a fare il trapianto. In genere non è buona cosa mettere nello stesso appezzamento per due anni successivi la stessa coltura. Questo è particolarmente importante per i cavoli. Ciò significa che non si possono mettere i cavoli nella stessa parcella in cui sono stati piantati l’anno precedente, perché questo potrebbe portare a patologie vegetali molto serie, difficili da risolvere.
Quindi, ricapitolando, per il trapianto del cavolfiore ci vorrà un bel terreno fertile, morbido e poroso, dove l’anno precedente non è stato coltivato alcun tipo di cavolo. Il trapianto può essere fatto tra la fine di luglio e metà settembre nel centro e nord Italia, mentre nel sud si potrà trapiantare fino a ottobre in base alle varietà scelte. Prima del trapianto si irrora il terreno con il 500k cornoletame compostato per favorire l’humus e le radici delle piante. Inoltre, fare il bagno radice con il Fladen colloidale* favorirà l’attecchimento delle piantine. Bisognerà poi procedere con abbondanti irrigazioni fino a quando il terreno non rimarrà umido per le piogge autunnali. Venti giorni prima della raccolta si spruzza il 501 cornosilice per favorirne gli aromi, il gusto e la conservazione. La parte edule del cavolfiore teme il freddo, per cui – una volta che si è formata – va raccolta prima che le temperature si abbassino troppo. I cavolfiori tardivi e primaverili si formeranno quando le temperature inizieranno ad alzarsi, ma temono le gelate tardive. Bisogna quindi fare attenzione ed eventualmente coprirle con un telo per poterci godere tante gustose ricette con questo dono di natura tanto buono e salutare.
* Preparati biodinamici corroboranti per supportare gli stress biotici e abiotici delle piante, utilizzati in agricoltura biodinamica.